mercoledì 14 luglio 2010

La latitanza culturale e l’assenza politica del Partito Democratico

Nel titolo parliamo del Partito Democratico, ma l’assenza di un progetto politico territoriale castellano riguarda tutto il centro-sinistra, riverberando, più in generale, una contingenza tutta italiana.
Tuttavia il PD, per il peso e la rappresentanza istituzionale che ricopre nei Castelli Romani, assume su di sé, in misura sostanziale, una responsabilità politico-amministrativa ineludibile.

D’altra parte i numeri parlano chiaro: su 15 amministrazioni comunali dei Castelli Romani, 10 sono governate dalla sinistra e di queste ben 9 hanno a capo un sindaco espressione del PD. Gli altri 5 comuni sono governati dalla destra con sindaci PDL.

I Castelli Romani, lo abbiamo scritto nel primo post pubblicato da questo blog, rappresentano un’area vasta con 350.000 abitanti, con caratteristiche storiche, ambientali, sociali, culturali omogenee che richiede una politica di gestione territoriale di “sistema”. Un partito della sinistra, come il PD, dovrebbe esprimere posizioni, idee, proposte sulle scelte da attuare per il “Sistema Castelli”; dovrebbe essere o aver l’ambizione di essere riferimento culturale di un quadro idealmente e politicamente collocato a sinistra, dove per sinistra si intenda sensibilità ambientale, etica politica, solidarietà sociale, trasparenza delle azioni.

Ci sono domande che sorgono, domande essenziali ma, nella loro essenzialità le sentiamo orfane di interlocuzione. Quale futuro immagina il PD per i Castelli Romani? Quale politiche territoriali mette o intende mettere in atto per attuare questa idea culturale prima che politica di futuro?
Non lo sappiamo. Non lo sa nessuno, forse nemmeno lo stesso PD.

Il Partito Democratico sembra essere un circolo chiuso tutto ripiegato su se stesso. Si dice, è un partito “liquido”, per significare flessibile e adattabile. Più che liquido sembra “liquefatto”. La discussione sui grandi temi non si avverte. Più che dibattito, confronto, se si vuole anche scontro politico, nei circoli del PD castellano sembra essere prioritaria la ricerca del posizionamento, o il conteggio delle tessere, a fianco di questo o quel politico d’area di riferimento. A posto del partito ci sono delle vere e proprie “signorie”: ieri, nell’alto medioevo della “Campagna romana”, i Colonna, i Savelli, i Conti di Tuscolo; oggi i Posa, gli Astorre, i Ponzo. Signorotti locali con le loro corti, pronti a brigare alleanze momentanee e a baciare mani a monsignori.

Dobbiamo forse arrenderci al fatto che non c’è nessuno che abbia la forza di proporre una politica territoriale di profilo alto, che guardi a questo territorio come un unicum da amministrare con una visione ideale, un progetto, un’utopia? È vero, i Castelli Romani continuano ad essere fondamentalmente “tribali”. Come nel medioevo, ognuno asserragliato nel proprio “Castello” a guardare i fatti di casa propria, in una pervasiva rarefazione culturale che si traduce, inevitabilmente nell’assenza di una politica degna di questo nome. Ma i Castelli Romani sono anche e soprattutto una risorsa, non solo in termini di “bellezza”, sia essa naturale, sia culturale, ma anche di intelligenze diffuse, di persone capaci, attive, propositive, che meritano fiducia e attenzione e che rappresentano l’investimento per un futuro che è già da oggi.
Il futuro è l’unico posto dove possiamo andare, stiamo andando tutti lì. E le comunità umane che non hanno la capacità di utilizzare al meglio le intuizioni e le nuove idee sono inesorabilmente destinate al tramonto.

Non possiamo permettere che le nuove risorse dei giovani dei Castelli Romani restino impastoiate nelle reti anodine di pochi capibastone della politica.
Un appello a questi ragazzi: ovunque operiate, in associazioni, partiti, cooperative, aziende, non fatevi schiacciare da questa politica e imponete culturalmente le vostre ragioni: “su la testa”!

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