lunedì 8 novembre 2010

Difesa del territorio e Difesa del Parco sono sinonimi

Difesa del territorio e Difesa del Parco sono sinonimi. Questo è il concetto importante che dovrebbe essere sempre sottolineato. Il problema non è tanto difendere un'Ente quanto difendere la ragione per la quale quell’Ente è stato istituito. È sufficiente rileggere la prima riga dell’art. 1 della legge istitutiva del Parco dei Castelli Romani: “Allo scopo di tutelare l’integrità delle caratteristiche naturali e culturali del vulcano laziale dei monti Albani…”. Il Parco dei Castelli Romani, ma più in generale i Parchi, sia a livello nazionale sia a livello regionale, vengono privati dei soldi necessari al minimo funzionamento perché l’obiettivo è proprio non farli funzionare, lasciando campo libero ai sostenitori dello “sviluppo” che significa edificazione del territorio.

I Castelli Romani sono una delle aree più a rischio da questo punto di vista. Il territorio mantiene caratteri di grande pregio sia dal punto di vista naturale, sia da quello culturale. Certo è che negli ultimi decenni danni enormi sono stati causati all’ambiente, al paesaggio, alle risorse e alla stessa qualità della vita, da una gestione territoriale scellerata e tutta declinata a difesa degli interessi forti e di un intreccio sempre più saldo tra politica ed affari edilizi. Qui si innesta un ulteriore elemento di grave alterazione del quadro generale. Sia il centro-destra sia il centro-sinistra palesano una politica di gestione territoriale che non propone evidenti elementi di distinzione. In nome e per conto di un (ab)uso del territorio volto alla trasformazione degli elementi naturali per realizzare strade e cubature, viene offesa la naturale vocazione di questi luoghi che da sempre sono stati simbolo di bellezza. Si palesa così tutta l’inadeguatezza di una politica senza progetto culturale, incapace di traguardare il futuro per leggerne le trasformazioni sociali conseguenti alle scelte sbagliate dell’oggi.

I Castelli Romani sono vivi e lo dimostrano i cittadini che si auto organizzano attraverso comitati, blog, social network, su specifiche questioni (inceneritore, acqua, lago, antenne ecc.) tutte tematiche che hanno a che fare con la gestione dell’ambiente. Questo è il punto di partenza: partire dalle realtà che sono espressione dei territori. L’obiettivo generale deve essere la proposizione di una politica di gestione a cubatura zero. In Italia, proprio a partire dalle realtà locali ci si muove in questa direzione. Basta guardare ai Comuni che stanno adottando, attraverso strumenti di democrazia partecipata, nuovi Piani di Governo del Territorio (PGT) a crescita edilizia zero. È questa la scommessa, l’unica possibile. Anche nei Castelli Romani, in ogni singolo comune, associazioni, comitati, liste civiche è questa proposta politica che dovrebbero rappresentare.

Una proposta virtuosa, che reca beneficio al territorio e nello stesso tempo mette in moto sobrietà e austerità nella politica amministrativa del comune, anche per sviluppare ingegno e creatività nella ricerca di fonti di finanziamento alternative, verso una rigorosa politica di emancipazione del bilancio dagli oneri di urbanizzazione perseguita dai comuni. Non si può continuare ad accettare che attraverso l’edilizia si finanzino le spese ordinarie del comune. La cementificazione non rappresenta solo un danno ambientale ma anche un danno economico. È un paradosso puntare alla sistematica edificazione di un territorio distruggendo proprio quell’elemento che ne produce il valore: la bellezza. È una scelta suicida e i sindaci e gli amministratori che ci governano ne portano in pieno la grave responsabilità. Del resto le vicende del Parco dei Castelli Romani di questo ultimo periodo con i silenzi, le ambiguità e l’evidente consociativismo tra amministratori e sindaci di diversa appartenenza ne sono una vergognosa testimonianza.

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