lunedì 15 novembre 2010

Castelli Romani: i pericoli per il futuro

Il futuro per i Castelli Romani non sembra affatto roseo. Tutt'altro. La nostra non è una previsione semplicistica frutto di un pessimismo di maniera, ma scaturisce da una disincantata analisi del contesto.
Sul piano ambientale e della gestione territoriale, i danni prodotti dalla classe politica in questi ultimi decenni sono sotto gli occhi di tutti: urbanizzazione incontrollata e diffusa con conseguente e forte incremento demografico, contrazione delle zone agricole, traffico caotico con incolonnamenti sulle strade consolari e intasamenti permanenti dei centri urbani, preoccupante riduzione di risorse fondamentali quali l'acqua che questa estate ha mostrato tutta la sua evidente problematicità. Queste le emergenze più evidenti. Ci sono poi i "progetti per il futuro" disegnati innanzitutto dai vari Piani Regolatori (PRG) comunali che prevedono incrementi vertiginosi di nuove costruzioni e quindi della popolazione, con tutti gli ulteriori aggravi per una situazione già di per sé drammatica. Diverse sono poi le "minacce" che preludono ad ulteriori trasformazioni del territorio.

Si tratta di progetti che interessano aree differenti dei Castelli Romani e di varia tipologia: realizzazioni di nuovi assi stradali (tutti ricadenti nel calderone del cosiddetto "Nodo Squarciarelli"); approvazioni di Piani di Utilizzazione Agricola, vale a dire interventi edilizi da realizzarsi in deroga ai PRG; Centri Commerciali da realizzarsi su fossi; varianti di PRG per edificare all'interno di cave; progetti di realizzazione di "zone artigianali", e quindi capannoni e altri invadenti manufatti, al posto di boschi e via di questo passo. Tutti questi interventi sono dei "cavalli di Troia" che preludono a pesanti trasformazioni del territorio e del paesaggio: strade ad alto scorrimento che attraversano zone agricole comportano prevedibili cambi di destinazione di quelle stesse zone; tutte le trasformazioni realizzate dall'uomo hanno avuto inizio con la costruzione di strade. Altro esempio nefasto, i Piani di Utilizzazione Agricola (PUA), approvati in deroga alle destinazioni di PRG, per realizzare edifici formalmenti destinati a servizi per l'agricoltura ma in sostanza destinati ad altro.

Le responsabilità di una politica territoriale siffatta sono di chi ha amministrato e amministra i nostri comuni, sindaci in testa, che spesso dimostrano una inadeguatezza culturale nel traguardare i problemi e prevedere scenari futuri, limitandosi a mettere rattoppi alle emergenze, quando va bene. Vero è che nei Castelli Romani non si può delegare a 16 amministrazioni comunali la gestione di un territorio complesso e integrato che si percepisce più come un unicuum piuttosto che come una serie di parti più piccole e autonome. Alcuni comuni dei Castelli si delineano ormai come appartenenti a un’unica conurbazione. C'è dunque anche un limite strutturale, di inadeguatezza amministrativa laddove necessiterebbe una politica d'area vasta condivisa.

La sintesi potrebbe essere rappresentata dal Parco Regionale dei Castelli Romani che ha a disposizione lo strumento del Piano di Assetto che, integrato con i Piani Territoriali Paesistici e i Piani Territoriali Paesisitici Regionali, prevede i limiti minimi di tutela ambientale del territorio. A questo strumento dovrebbero, per legge, adeguarsi i Piani Regolatori Generali dei Comuni e già sarebbe tanto. Nella realtà i comuni, sindaci in testa, sono molto diffidenti e preferiscono resistere alle azioni vere di tutela gestendo in proprio il territorio per operazioni troppo spesso dubbie e dannose. Questo è il motivo vero per il quale il Parco dei Castelli Romani è sotto scacco. Dopo tre anni nei quali l'azione politica del Parco, supportata da una capace gestione dell'Ente ha portato, dopo ben 25 anni, ad approvare il Piano di Assetto, a fare chiarezza sui confini dell'Ente, esercitando appieno il ruolo di controllo normativo, la politica della destra vincitrice delle elezioni regionali, con la connivenza dei Sindaci di centro sinistra rischia di riportare il Parco ad una funzione di più basso spessore politico, piegato alle mire “sviluppiste” dei sindaci e alla loro opacità istituzionale. Senza il controllo, senza l'azione di tutela ambientale del Parco sarà più difficile nel prossimo futuro difendere il territorio e contrastare le scelte sciagurate e deleterie di una politica sottomessa agli interessi edilizi.

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